CULTURA
sabato 10 marzo 2001, S. Simplicio
   
Filosofia. Incontri trentini

La città ideale
sintesi tra saperi
e il vivere bene


di Alessandro Dell'Aira





AL TERMINE dell'intervento di Walter Tega, a Trento qualche giorno fa per il terzo degli incontri «I Filosofi e la città» a Palazzo Geremia, abbiamo chiesto da dove inizierebbe, se fosse suo compito, a riformare la città di Trento nel tessuto e nello sviluppo. Ci ha risposto che, come in ogni città, il modello ideale è quello della sinergia sapiente tra conoscenza e organizzazione. Il cuore della città è la sede degli studi superiori e della ricerca, una struttura deputata alla trasmissione del sapere in funzione del buon vivere, in relazione efficace con l'apparato produttivo. Questo rapporto non deve essere di concentrazione, ma di apertura. In questo campo Trento è sulla buona strada, ha confermato Tega, sia per il potenziamento annunciato dell'università, sia per la volontà dell'amministrazione a ripensare la città, come occasione di formazione per i suoi cittadini e come proiezione della riflessione civile sui suoi destini futuri.
Walter Tega è preside della facoltà di lettere di Bologna. Studioso della modernità, della scienza e dello sviluppo urbano, è intervenuto agli incontri pomeridiani che stanno ottenendo un notevole successo di pubblico. La città ideale, ha esordito Tega, presentato dal vicesindaco Andreatta, è una città serena, la città in cui si sta bene. Una città dove piace vivere (Pio II, Enea Silvio Piccolomini, il papa umanista e filosofo, ne aveva fatta progettare una, ancora oggi ammirata come esempio di perfezione formale: Pienza). Ma perché la città piaccia a tutti, e non solo agli umanisti, o solo a coloro che l'hanno pensata e costruita, essa deve rispondere a principi etici e organizzativi, oltre che a una forma, e deve anche occuparsi della formazione dei cittadini. Lo stesso Tommaso Campanella, nella sua «Città del Sole», identificava il migliore rapporto del sapere con il saper vivere urbano nei costumi frugali e nel culto della formazione e della giustizia. La sua «Città del Sole» era una comunità che operava in direzione del bene, in cui la redenzione si realizzava attraverso la conoscenza.
Queste idee utopiche trovarono una proiezione storica nel primo Ottocento, nell'idea di città ideale in cui gli opifici, le fabbriche, la vita ricreativa e quella istituzionale si potessero raccogliere intorno a un sapere che producesse effetti tangibili.
Nello snodo tra i due secoli, l'Ottocento e il Novecento, la vera novità rispetto ai modelli utopici consiste nell'ipotesi di una capitale mondiale del sapere. L'esempio citato da Tega è il Mundàneum, dei belgi Paul Otlet e Henri La Fontaine (premio Nobel per la Pace nel 1913), ispirato a criteri di classificazione scientifica intesi come la più alta attività dello spirito. L'aspirazione a registrare tutti i libri stampati in un enorme schedario è un'aspirazione di pace e di comprensione universale.
Fu affascinato da questo progetto Le Corbusier, che colse l'importanza di organizzare la conoscenza in un modello urbano permanente, nell'epoca dei grandi trionfi della tecnica, e di quelle città temporanee che si chiamarono Grandi Esposizioni.