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giovedì 28 giugno 2001  
 


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Oro rossonero


Petrolio ex sovietico:
un convegno a Trento



di
Alessandro Dell'Aira




Una cartina della zona del mar Caspio,
una nuova mecca petrolifera stretta fra troppi stati
Sotto: benzina a un distributore



"Tra Europa, Asia e Medio Oriente: il Caspio e le nuove vie del petrolio". E' questo il titolo del convegno internazionale che il Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale ha messo in cantiere per domani e sabato a Trento presso la Sala Rosa della Regione. Interverranno esperti di livello internazionale, tra cui Giovanni Bensi, Nicola Pedde, Pietro Somaini, Donald Jensen, Angela Spatharou. Si tratta del quinto convegno che il Centro Studi organizza da un anno e mezzo a questa parte. Al centro del dibattito, questa volta, c'è un'area geografica, quella del Mar Caspio, che è andata assumendo negli anni il ruolo e il rilievo di un secondo Golfo Persico, per l'imponenza delle risorse energetiche che possiede e per gli interessi che vi confluiscono. Vi si affacciano cinque paesi: Russia, Azerbaigian, Iran, Turkmenistan, Kazahstan. Ben diciassette, a tutt'oggi, sono invece i consorzi internazionali che in quest'area si contendono il mercato del petrolio e del gas.

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di Alessandro Dell'Aira
Intorno alla metà dell'Ottocento, in una lirica slavizzante dedicata "Ai calunniatori della Russia", Aleksandr Puskin si chiedeva:"Forse i rivoli slavi confluiranno nel mare russo?" La figura retorica alludeva all'ignoranza dell'Occidente, incapace di orientarsi di fronte alle tendenze dirompenti del mondo slavo. Beffandosi di Puskin, la storia sembra ostinarsi a rispondere: no, niente mare russo. Quei rivoli slavi oggi puntano altrove, più decisi che mai: miliardi di tonnellate di greggio che confluiscono in mari multinazionali.
Alla perdita del controllo dell'area del Caspio da parte dell'ex Urss, corrisponde la crescita dell'influenza degli Usa. Un controllo esercitato prevalentemente attraverso le multinazionali. La Turchia e l'Iran, disponibili a una partnership commerciale con i paesi produttori, chiedono royalties per autorizzare il passaggio delle pipelines sui loro territori. Alla presenza dell'Europa occidentale, più attiva negli accordi commerciali che in cultura e in diplomazia, si affianca oggi, sul versante asiatico dell'area caspica, la presenza di Cina e Giappone. Gli scenari geopolitici sono fluidi, fin troppo condizionati dai ritmi del mercato, mentre esistono altri approcci praticabili, importanti e non secondari, come quelli storici e culturali. Esiste una via maestra, più che una dimensione: quella dell'eurasismo, che può fare da supporto alla liberazione della Russia da uno stereotipo appiccicoso che la vuole perennemente e irrimediabilmente afflitta dall'incomprensione del mondo, vittima della storia e prigioniera di un inverno senza fine.
La teoria staliniana del popolo russo "fratello maggiore" di tutti i popoli dell'Urss, ebbe il suo seguito, dopo il disgelo del 1956, nella ricetta brezneviana della "comunione unitaria degli uomini sovietici": il patriottismo russo veniva fatto passare per patriottismo sovietico, mentre quello degli altri popoli veniva definito "patriottismo borghese". La "casa comune europea" di Gorbaciov, nella ricerca dell'armonia con l'Occidente, sembrò aver messo un argine duraturo alle tendenze slavofile e panslaviste. Dopo la tempesta della guerra del Golfo, il rombo delle armi nei Balcani ha fatto da colonna sonora all'esplorazione diplomatica delle vie di cooperazione internazionale: la partnership per la pace, proposta a più riprese alla Russia di Eltsin, ha subito una brusca battuta d'arresto con l'intervento della Nato contro la Jugoslavia di Milosevic.
Al dispiegarsi e al confronto delle forze in campo, negli ultimi dieci anni, si è accompagnata nell'area caspica una fase di investimenti aggressivi dell'Occidente, concentrati sul petrolio e sul gas. Ma se quest'area, di per sé calda, è resa incandescente dall'accaparramento delle risorse energetiche, la mappa delle pipelines e dei cosiddetti assi di transito degli idrocarburi non è meno delicata e a rischio. All'oleodotto aperto due anni fa e che collega Baku con Supsa, porto georgiano sul Mar Nero, si affiancherà entro la fine dell'anno la nuova linea Baku-Ceyhan, porto turco sul Mediterraneo.
Questi rivoli "d'oro" attraversano zone inquiete, confluendo spesso con altri rivoli altrettanto redditizi: la droga, le armi e le provocazioni indotte, di supporto, in un ingorgo che sembra puntare alla divisione dei popoli dell'Eurasia da quelli dell'Unione Europea, più che alla loro confluenza culturale e politica in una "casa comune".




 




 
 
   
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