LE LETTERE  
martedì 9 febbraio 1999, S. Apollonia  
   
Dialoghetto su Van Dyck
e l'anno 1624
LUCI DI POSIZIONE

Alessandro Dell'Aira

Ti regali un libro per Natale, apri il pacchetto una settimana prima e ti metti a sfogliare. Titolo: Van Dyck, i libri d'arte vanno sfogliati come viene, uno ricorda, farnetica, guarda, torna indietro, chiude, riapre, richiude e va a letto. Tuo figlio ha la tele un po' alta, c'è il tenente Colombo, o forse è Indiana Jones. Ti soffermi sui quadri che non ricordi o che non hai visto mai e ti cade l'occhio su una coppia mista, lui tenebroso e scuro di pelle, lei bianca e biondorossa, lunare. A sinistra c'è un putto su un cuscino e dietro al putto un vecchio che esce. «E' suo nonno?», ti chiede tuo figlio, ha spento la tele, il tenente Colombo ha risolto il caso, Indiana Jones è per domani. «No, non lo so e non mi interessa, mi interessano questi due». E lui: «Ma sì, quello è il nonno e questo è il figlio di questi due». «Ehi tu, che sai tutto, questi due chi sono?». La tele è spenta, l'effetto Colombo è svanito, Indiana Jones è per domani. «Non lo so, papà dimmelo tu, è una famiglia?». «Ascolta. Il quadro si chiama Le tre età dell'uomo e sta a Vicenza, Van Dyck ne ha visto uno quasi uguale di un altro pittore che si chiama Tiziano e ha deciso di farne uno pure lui». «Allora ha copiato?» «Non proprio, ne ha fatto uno suo pensando a quello di Tiziano, lui è venuto in Italia per dipingere ma anche per studiare da pittore, c'è rimasto sei anni, Tiziano gli piaceva e Van Dyck ha fatto anche lui un quadro che si chiama Le tre età dell'uomo, lo chiamano così, il nome al quadro non glielo ha dato Van Dyck, noi siamo prima bambini, poi grandi e poi vecchi, hai sentito quando alla tele parlano della terza età? Tu e Lucia siete nella prima, la mamma e io nella seconda e la nonna nella terza». «Papà, la mamma che c'entra?» «Che c'entra...c'entra, anche questa del quadro è una mamma...ma ha le rose, sembra santa Rosalia, Van Dyck ne ha dipinte tante...» «Sì, papà, e lui è il santo nero». Interviene la mamma vera: «Federico, tuo padre va bene, ma tu...a letto!» «Papà, i santi si sposano?» «No. Ma sai, Rosalia è come se fosse sposata con Palermo, è la sua santa patrona, Palermo ha la peste e santa Rosalia gliela fa passare, lei era nipote della nipote di Carlomagno e si sono sposati...».
E a questo punto ti ricordi che una volta Palermo era nome maschile, come Madrid, e che Palermo ha un genio, una strana figura tra il sacro e il profano con un serpente in mano, forse un pezzo di fontana medievale o un genius loci derivato da Saturno o da Mercurio, e che a Palermo ci sono cinque statue del Genio, e che una sta in una piazzetta della Vucciria, il mercato di Guttuso, una nicchia grande al centro con il Genio in trono e due nicchie minori con due sante che non ci sono più, le hanno rubate, è il Genio del Garraffo. Vai in un'altra stanza a prendere un libro e scopri che Garraffo deriva dall'arabo acqua alta una spanna, che tastare l'acqua del Garraffo, assaggiarla, per gli stranieri in visita a Palermo era come gettare una moneta nella fontana di Trevi, ritornavano, scopri che il Genio del Garraffo è della fine del Cinquecento e tu sai che Van Dyck è a Palermo durante la peste del 1624. Guardi la coppia, due mani che si sfiorano e non si toccano sono la formula che usa Van Dyck per dare l'idea delle nozze mistiche, corri a prendere un altro libro e trovi Le nozze mistiche del fratello Joseph, Kunsthistorisches Museum di Vienna, con fratello Joseph che cerca di dare una mano alla Madonna aiutato da un angelo che gli tiene la mano e non si capisce se gliela alza o gliela ferma, torni in soggiorno, bevi un po' d'acqua e ti chiedi dov'è il serpente del Genio del tuo Van Dyck. Ma è chiaro, è il bastone, Van Dyck è un pittore della Controriforma, e allora...tuo figlio dice: «Il bambino chi è? Guarda come somiglia alla mamma...» «Lei non è la sua mamma, Federico,...forza, accendi la tele e chiama il tenente Colombo». «E' finito, papà». «E allora aspettiamo Indiana Jones».
E appena dici aspettiamo ti viene in mente che è quasi Natale, che stiamo aspettando una nascita, anzi due, il Bambino e l'anno nuovo, e azzardi: «Il bambino è l'anno nuovo, e quel vecchio è l'anno che se ne va». «Federico, a letto», dice la mamma vera. Vanno a letto tutti e tu resti solo con Van Dyck, una montagna di libri sul tappeto, il computer in rete, i motori di ricerca a tutto gas e una caffettiera che bolle. Studi due settimane e pensi, appena posso ci vado. Ehi, non dovevi andare a Roma per lavoro? Prendi ferie e parti un giorno prima, a Verona salti giù dal treno e ne prendi un altro per Vicenza, ti togli gli ultimi dubbi, torni a Verona in treno a prenderne un quarto, ti butti sulla cuccetta e dormi da cane ma di fila, e sei a Roma, ed è come avere vinto un Van Dyck alla lotteria, devi fare i conti con gli altri, questo è il bello, ma c'è tempo, è il quarto centenario della nascita di Van Dyck e ti restano trecentocinquantacinque giorni.




Antoon Van Dyck,« Le tre età dell'uomo».
1625 circa. Vicenza, Museo civico d'arte e storia.