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 CULTURA
 
Noi, come gli albanesi

Linciati e incarcerati:
gli italiani emigrati visti da
Gian Antonio Stella

 
Stella oggi a Trento

di Alessandro Dell'Aira



QUANDO NEL 1991 la nave Legend stipata di albanesi bussava al porto di Brindisi, i bambini italiani clandestini in terra svizzera erano altrettanti: un migliaio.
Negli anni settanta erano trentamila: un'orda. Chi lo avrebbe mai detto? Gian Antonio Stella, giornalista vicentino di prima grandezza, quando scrive non ha peli sulla penna. Quando parla, come accade a chi lascia il segno scrivendo, è più misurato. E' capitato che nel ritirare l'ennesimo premio abbia fatto finta di lasciarsi scappare: "Quando si accorgeranno che sono un cretino mi cacceranno".
Dal Corriere, naturalmente. Intanto il suo ultimo libro nato in casa Rizzoli, "L'Orda. Quando gli albanesi eravamo noi" dopo quattro mesi va già per la settima edizione. Successoni anche gli altri suoi figli di carta, dai titoli brevi e sonori come frustate: Schei, Dio Po, Lo Spreco, Chic, Tribù.
Oggi 5 febbraio, dopo l'incontro con gli studenti alle Iti di Trento e alle carceri di via Pilati, Gian Antonio Stella presenterà alle cantine Ferrari di Ravina "L'Orda". Un'orda famelica che mangiò pane e disprezzo per il mondo, come suo nonno Toni "Cajo" finito in Prussia e in Ungheria, e che sarebbe certamente schifato, scrive l'autore nella dedica, dagli smemorati che sputano ora su quelli come lui.
Il titolo riprende una sparata dell'editore James Schwarzenbach, autore di un libro sulla Belle Epoque dedicato a un italiano dai sentimenti svizzeri, al secolo Giovanni Segantini. Schwarzenbach vinse le elezioni politiche svizzere nel 1971 con un 46 per cento di suffragi lucrati sui tre referendum da lui sostenuti "per fermare l'orda degli invasori". Greci, turchi, ungheresi, sono tutti Italiener, confidò in quegli anni a Fiorenza Venturini, autrice di "Nudi col passaporto", un funzionario svizzero figlio di una siciliana, esprimendo i sentimenti dello svizzero medio nei confronti di annuali, stagionali e frontalieri necessari al suo paese quanto poco graditi tra i piedi dei suoi concittadini. In verità c'era stato di peggio, e cioè gli italiani nudi senza passaporto a Ellis Island, porto di New York, primi del Novecento. Wop stava per Without papers, o Without passport. Wop aveva lo stesso sound di "Guappo". Quando una cosa ha un bel sound suona a lungo, come Marocco e Vu-cumprà.
Il libro di Stella usa la parola albanesi come stereotipo. Chi migra senza permesso è capace di entrarti in casa e portarti via tutto. Gli sono entrati in casa gli albanesi, e invece era stato l'amante di lei a picchiare il marito prima di darsela a gambe. Sono stati gli albanesi, e invece a uccidere erano stati Erika e Omar. La diffidenza è contagiosa. Ci sono albanesi che creano problemi come noi li abbiamo creati all'estero. Dovremmo riflettere un po' di più sui problemi che abbiamo creato nei paesi in cui siamo entrati, ha detto Stella in una recente intervista, e chi entra nel nostro deve fare lo stesso. Si deve soffrire per due o tre generazioni, dicevano di noi gli americani, criticandoci per la nostra pigrizia lecita o la nostra iperattività illecita in tempi di proibizionismo. L'autore ha messo insieme molte testimonianze d'epoca, tra cui articoli di cronaca, vignette, illustrazioni, ma soprattutto ha lavorato su documenti inediti come rapporti consolari, fascicoli giudiziari, difficili da trovare ma non introvabili. Sarà anche sagacia, ma chi non vuole trovare non cerca e non trova. Stella ha cercato là dove era intuitivo trovare cose non ancora trovate. Il risultato lascia quasi increduli. Un po' perché è la prima volta che notizie del genere sono montate in questo modo, un po' perché si fa fatica a credere che i nostri avi sono stati come i derelitti di oggi. Stella ha studiato in un liceo di Vicenza e quando si è diplomato, nel 1972, la sua provincia esportava mano d'opera.
Quello che ha scoperto indagando sull'emigrazione italiana del Novecento non ha colmato lacune: ha ribaltato il quadro di quello che gli avevano insegnato a scuola. Nel 1890, a New Orleans, 20 mila persone diedero l'assalto al carcere della contea per farsi giustizia con le proprie mani e linciare una banda di undici italiani già condannati per l'uccisione del capo della polizia, a sua volta coinvolto in un giro di prostituzione controllato da un'altra banda di italiani. Per fermare la folla fu necessario stendere i cadaveri per strada e placare la gente. Alcuni a ricordo dell'evento bagnarono i fazzoletti nelle pozze di sangue, atri scorticarono l'albero al quale uno degli italiani era stato impiccato.
Gian Antonio Stella fa giustizia di tanta retorica e di altrettanta xenofobia. Il suo è un libro per chi non può sapere, ma anche per chi non ricorda o ha la memoria corta. Il che non è sempre lo stesso.

Gian Antonio Stella
L'Orda. Quando gli albanesi eravamo noi
Rizzoli, 278 pagg, 17 euro


 
 
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