Da:
Acervo de Santos-Dumont, organizado pelo Tenente-Brigadeiro-do-Ar Nelson Freire Lavenère-Wanderley.
  Nancy WINTERS, Man Flies: the histoy of Alberto Santos-Dumont. Edizione brasiliana: O homem voa! A vida de Santos-Dumont, o conquistador do Ar. São Paulo, DBA, 2000, trad. M. Vilela, pp. 118.

 
ISABEL CRISTINA LEOPOLDINA AUGUSTA, secondogenita dell'imperatore Pedro II, era l'erede al trono del Brasile. Aveva studiato in Europa. Dopo l'abdicazione del padre, divenne imperatrice e abolì la schiavitù con la Lei Aurea. Era il 13 maggio 1888. Il 28 settembre 1871, durante una reggenza, aveva decretato che nessuno sarebbe più nato schiavo. Il 28 settembre 1888, anniversario di quest'ultima legge detta do Ventre Livre, Papa Leone XIII la insignì della Rosa d'Oro.

L'anno dopo, era il 1889, in Brasile fu proclamata la Repubblica. Isabel e consorte decisero di stabilirsi a Parigi. E fu lì che nel 1901 la incontrò un brasiliano fanatico della Belle-Époque, trasferitosi anche lui nella Ville-Lumière: Alberto Santos=Dumont, ventott'anni, figlio di un ingegnere del Minas Gerais arricchitosi con il caffè. Il giovanotto pranzò con Isabel dopo un incidente, uno dei tanti, che avrebbe potuto costargli la vita e che invece lo trasformò in pioniere della moda universale. A parte questo, Santos=Dumont è entrato nella storia dell'aviazione per il suo geniale 14-Bis, primo aereo a motore in assoluto, ai comandi del quale, nel Bois de Boulogne, il 23 ottobre 1906 si staccò dal suolo e volò per sessanta metri. Il 12 novembre il 14-Bis pilotato da Santos=Dumont ne percorse duecentoventi all'altezza di sei metri. La fama di quelle imprese fu poi usurpata dai fratelli Wilbur e Orville Wright, specialisti in alianti, che fecero tesoro delle intuizioni di Santos=Dumont. Dal confronto con loro il brasiliano non uscì a testa alta solo perché era bassino di statura.

Torniamo al 1901. Santos=Dumont aveva allestito il suo quinto dirigibile, impiegando corde di pianoforte per sospendere la navicella al pallone. Nel mezzo aveva piazzato il motore, in corrispondenza del centro di gravità del pallone, con l'elica a poppa e la cesta del pilota a prua. Puntava al Premio Deutsch, che assegnava 100 milioni di franchi a chi fosse partito da Saint-Cloud, e dopo un giro della Tour Eiffel fosse tornato alla base in 30 minuti.

 

Da: Acervo de Santos-Dumont (c.s.)

Santos=Dumont fissò la prova al 12 luglio. Tutto andò per il meglio, poi una delle corde di piano si sganciò dal supporto. Fu costretto a un atterraggio di fortuna, prima di tornare a Saint-Cloud in un'ora e sei minuti. Il giorno dopo ci riprovò. Con il vento a favore raggiunse la Tour Eiffel in undici minuti, a 120 metri d'altezza. Dopo la virata il pallone impazzì. Santos=Dumont lo bucò di proposito per scendere nella Senna. Invece finì senza danni eccessivi tra i rami di un albero del parco Rotschild. Un giardiniere accorse e gli servì da bere. Dalla villa accanto, la principessa Isabel ammirava quel matto del Minas Gerais che indugiava tra le fronde sorseggiando champagne. Lo invitò a colazione. Santos=Dumont, che sapeva vivere, si sfilò la cravatta rouge-flamant e ne mise una nera. Dopo il dessert Isabel gli donò una medaglia prodigiosa, contro tutti i malefici. Il giovanotto la ringraziò e tornò al suo pallone numero 5.

8 agosto. Alle sei e nove minuti Santos=Dumont sta doppiando la Tour Eiffel. Questa volta a piantarlo è una valvola. Il pallone si sbilancia, l'elica trancia una corda di piano e tutto si imbroglia. Per non schiantarsi contro il simbolo di Parigi, il pilota si fa spingere dal vento a seicento metri d'altezza, esce dalla cesta, procede carponi sui tubi della navicella, sbroglia le corde, torna indietro e s'imbraga, pronto al peggio. Al polso sinistro ha la medaglietta di Isabel. Il pallone, alla deriva, pare un vecchio elefante innervosito con la proboscide impennata. Sfiora il tetto dell'Hotel Trocadero ed esplode. La navicella tocca la facciata, ma nell'urto il traliccio non si disfa. Le corde di piano e i brandelli del pallone la reggono penzoloni con la cesta all'aria e l'elica verso terra. La cesta, solidale al traliccio e con dentro il pilota imbragato, si ferma capovolta all'altezza di una finestra del sesto piano. In attesa dei soccorsi, qualcuno allunga un sigaro acceso al miracolato. Il tempo di quattro tiri e i pompieri gli lanciano una corda. Santos=Dumont, antitabagista, non fuma ma sa vivere. Si mette in salvo da solo, corre sul tetto a recuperare le briciole del pallone numero 5. Poi, flemmatico, lascia l'Hotel dalla porta principale. Si ricomincia.

 


Da: Acervo de Santos-Dumont (c.s.)


Dalla biografia di Antonio Sodré: «Nell'uscire, mostrò alla moltitudine che lo acclamava una medaglietta di São Benedito (alcuni dicono che era di São Bento), che alcuni giorni prima aveva avuto in dono dalla sua cara amica, la principessa Isabel, contessa d'Eu. Baciando la medaglia, attribuì a São Benedito il fatto di essere scampato alla morte» (p.90).



 

 
 
 
 


Breve parentesi: non c'è dubbio, la medaglia è di São Bento, e cioè San Benedetto da Norcia, l'abate di Montecassino. Circolava da tempo: era stata ideata nel 1742 e disegnata personalmente da Papa Benedetto XIV, che volle trascrivervi alcune formule di esorcismo. La croce e la medaglia di San Benedetto avevano fama di essere infallibili contro il Maligno, e i benedettini le diffusero nel mondo. São Benedito invece è il patrono degli schiavi del Brasile. Canonizzato nel 1807, era nato in Sicilia come i genitori, figli di africani subsahariani deportati in cattività a San Fratello, un paesino della diocesi di Messina. Morto a Palermo nel 1589, fu beatificato da Benedetto XIV nel 1743, un anno dopo l'ideazione della medaglia e della croce. Fin dal 1612, sostenuto dai teologi di Coimbra e dai francescani portoghesi, fu venerato in Brasile come "santo vero", patrono degli africani di lì, al punto che in qualche terreiro di candomblé lo sincretizzarono con Ossain, l'orixá «curandeiro». Santos=Dumont da ragazzo aveva lavorato nella fazenda del padre, in una zona del Minas Gerais dove più viva che altrove era ed è la devozione a São Benedito. Non conosce la storia di São Bento e di quella medaglia e attribuisce a São Benedito la propria salvezza. O forse fa confusione, e come molti brasiliani di ieri e di oggi "sincretizza" devozioni diverse. Invece alcuni, scrive Antonio Sodré, sostengono che la medaglia è di São Bento. Questi alcuni sono i colti, quelli che sanno e fanno sottili distinguo. Ne abbiamo già scritto, e chiudiamo la parentesi.

 
 
 
 

Qualche tempo dopo, la medaglietta di Santos=Dumont ispirò al gioiellliere e stilista Louis Cartier, suo grande amico, il revival dell'orologio da polso, che era stato introdotto da secoli ma agli inizi del Novecento non si usava. Le donne si limitavano ai braccialetti, gli uomini tenevano la cipolla in un taschino del gilè. Santos=Dumont, esperto di macchine volanti, confidò a Cartier che ai comandi voleva la testa sgombra, le mani libere e l'orologio sempre sott'occhio. Così Cartier lanciò sul mercato il modello Santos, di forma quadrata e col cinturino di cuoio, per gli elegantoni che volevano apparire spericolati.


   
     
 

A moda pegou, si dice in Brasile. Il Cartier Santos non ha nulla da spartire con la città di Pelé. Ha a che vedere con Alberto Santos=Dumont e la medaglia di São Benedito (dicono alcuni, di São Bento). Non fece scuola, invece, l'invenzione dei due trattini che Santos=Dumont usava mettere tra i due cognomi, per distinguersi dai francesi che di trattini tra i nomi e i cognomi ne mettono uno, come a dire che lui, brasiliano, per discendenza era un po' portoghese per parte di madre, e un po' francese per parte di padre, e dunque mischiato fino al midollo.


 

Da: Nancy WINTERS,
Man Flies: the histoy of Alberto Santos-Dumont. Edizione brasiliana: O homem voa! A vida de Santos-Dumont, o conquistador do Ar. São Paulo, DBA, 2000, trad. M. Vilela, pp. 116-117.

Che giungla, la moda. Evolve a capriccio ma tende a obbedire alle leggi di Darwin. Il meglio si salva, il peggio soccombe. Così, nell'Italia del miracolo economico, non ebbero fortuna due trovate (tremende) dell'Avvocato Giovanni Agnelli II: l'orologio affibbiato sul polsino della camicia, e ancor meno la cravatta sgusciata dal gilè. Elegantoni, rien ne va plus. La Belle-Époque è la Belle-Époque.


 
 
  CREDITS
 
Nancy WINTERS, Man Flies: the histoy of Alberto Santos-Dumont. London, Bloomsbury, 1997.
 
Martín DE ELIZALDE, O.S.B, La cruz de San Benito, «Coloquio», Revista de la Abadia de San Benito. Lujan (Argentina), I, 4, Sección Espiritualidad (1998).
 
Alessandro DELL'AIRA, Benedetto XVI tra due santi italiani. «Oriundi», Revista italo-brasileira de informação e emoção. X, 60, Junho/Giugno 2005, p. 8.
 
Antonio SODRÉ, Santos=Dumont, um heroi brasileiro. Centenário do primeiro vôo do 14-Bis. São Paulo, Arindiuva, 2006.
 
Santos=Dumont Designer. São Paulo, Museu da Casa Brasileira, 3 maggio-31 luglio 2006. Esposizione a cura di Guto Lacaz, in occasione del primo centenario del volo del 14-Bis. Testo del catalogo: Adélia Borges.
 
Alberto Santos Dumont, Pai da Aviação. Acervo de Santos-Dumont, organizado pelo Tenente-Brigadeiro-do-Ar Nelson Freire Lavenère-Wanderley. Sito web realizzato dalla Força Aerea Brasileira, in collaborazione con la Fondazione Itaú.



Alessandro Dell'Aira,
Santos=Dumont, Cartier e l'orologio da polso.
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L'autore è grato a Guto Lacaz, per le cortesi indicazioni bibliografiche.