GIOVEDÌ, 22 APRILE 2004
 


I tesori di Federico II
a Vienna


Esposta la corona di Costanza, simbolo del sogno dell'impero.







Pagina 53- Cultura e Spettacoli


 
La mostra «Le Nobili Officine» aperta fino al 13 giugno. Ori, perle e sete usciti dagli opifici arabo-normanni.
 
 
 
 


di Alessandro Dell’Aira


Sono in mostra a Vienna fino al 13 giugno 2004 (Hofburg e Kunsthistorisches Museum) i manufatti dei reali opifici normanni e svevi di Sicilia, radunati da vari musei e collezioni private. Ori, perle, smalti, cammei, tessuti preziosi, avori, filigrane, cristalli di rocca del XII e XIII secolo, da Ruggero II a Federico II e oltre. La corona di Costanza, il manto e la fodera del manto di Ruggero con scene della Palermo araba. La veste di Guglielmo II, la spada di Federico II. L’idea, nata a Caltanissetta, è stata condivisa a Vienna. L’evento ha celebrato i 25 anni di autonomia dell’Assessorato ai Beni culturali e ambientali della Sicilia, riportando per qualche tempo nell’isola oggetti mai usciti dalla Camera del Tesoro del Kunsthistorisches Museum. Ora la mostra farà tappa nella capitale austriaca, dopo tre mesi trascorsi nella sede adeguata, il Palazzo dei Normanni di Palermo. Un eccezionale campionario di “arte suntuaria” risplenderà in riva al Danubio.

Il titolo della mostra si ispira a una lettera attribuita al cronista Ugo Falcando, che nel 1190, pochi mesi dopo la morte di Guglielmo II, invitava un importante interlocutore a tenere nel giusto conto la produzione delle “Nobili Officine” funzionanti nel Palazzo di Palermo, dove si filavano i bozzoli dei bachi in sete di tinte e trame diverse, con tecniche ardite e complesse a uno, due o tre fili, e anche di più, fino a sei, finché la vista non era abbagliata dall’oro o accarezzata dal verde di varia gradazione, o dai cerchi ricamati, o dalle perle montate in cestelli d’oro, infilate e cucite con eleganza sul tessuto a rendere le forme di animali e oggetti diversi.

Gli oggetti d’uso come le brocche intagliate nel cristallo di rocca, che fanno da contorno ai pezzi appartenuti ai grandi personaggi storici, per gli studiosi costituiscono forse la novità più rilevante, in quanto questa specialità era stata finora ritenuta tipica dell’Egitto fatimita. Ma ciò che più attrae il pubblico, per il perfetto stato di conservazione, la preziosità dei materiali e la raffinatezza formale, il valore simbolico e “romantico”, è la calotta a filigrana d’argento dorato con perle e pietre preziose incastonate e due pendagli laterali, oggi patrimonio della Cattedrale di Palermo. E’ nota come “Corona di Costanza”, ma sarebbe giusto chiamarla “delle due Costanze”. Chi erano? La prima era la normanna Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II, moglie di Enrico VI di Svevia, madre di Federico II e nonna di Manfredi. La seconda era Costanza d’Aragona, moglie di Federico II, da non confondere con l’omonima e più longeva nipote, figlia di Manfredi e andata sposa a Pietro III d’Aragona divenuto re di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri contro gli Angioini del 1282. La seconda Costanza, che aveva sposato Federico a venticinque anni quando lui ne aveva appena quindici, morì nel 1222 all’età di trentotto anni. L’imperatore suo consorte, che gli arabi di Palermo chiamavano al-Inbiratur, la fece seppellire con quella cuffia di foggia e gusto bizantineggiante, quasi a significare che con la morte prematura di Costanza era sepolto per sempre anche il sogno di fondare un nuovo impero romano d’Occidente, un impero mediterraneo sul modello dell’impero bizantino. Quell’oggetto era infatti una replica fedele del kamelaukion, la corona imperiale introdotta a Bisanzio nel VI secolo. Simboleggiava il mondo ed era sormontata dalla croce. Potrebbe averla usata lo stesso Federico nel 1220, nella cerimonia della propria incoronazione. A giudicare dalla sua fattura potrebbe anche risalire a poco meno di un secolo prima. Morta la prima moglie, Federico si fece più “svevo” e accantonò la visione imperiale mediterranea per concentrarsi sull’asse sud-nord. Le seconde nozze con Isabella di Brienne, figlia tredicenne del re di Gerusalemme, non valsero a recuperare la magia di quel sogno e di quella risplendente corona.

Queste “Nobiles Officinae” propongono dunque un eccezionale assortimento di manufatti concepiti e prodotti nell’arco di due secoli nel medesimo ambiente — raffinati per committenza, scelte estetiche e tradizione tecnica — insieme con pezzi eclatanti di alto impatto emotivo, che risultano opportunamente ridimensionati, più quotidiani che regali e per questo facilmente leggibili..