MERCOLEDÌ, 23 GIUGNO 2004


Pagina 56 Cultura

 
 



















 

 

 
 

Così i nazisti rubarono i quadri di Klimt

 

IL CASO GIUDIZIARIO. La storia della modella
analoga a quella dei Kaumheimer.
La nipote di Adele rivuole i beni dall'Austria
che, a differenza del Trentino, glieli nega.


LEI ISPIRÒ il grande pittore, poi perse sei opere
perché internata. Ora la discendente fa causa
al Museo austriaco.


DIVERSA LA VICENDA delle porcellane
finite al Buonconsiglio e restituite due anni fa
alla comunità ebraica.



 
 
 


di Alessandro Dell’Aira

LA BELLA ADELE aveva il viso lungo e diafano, le labbra perennemente schiuse sui denti, gli occhi di taglio orientale e un turbante di capelli neri tagliati corti sulla nuca. Klimt il secessionista, nel primo Novecento, poco prima che l’Impero crollasse, la ritrasse più volte. Adele era la sua modella prediletta: fu Giuditta, fu Salomè, fu se stessa e cioè la ricca e fascinosa Bloch-Bauer, industriale viennese dello zucchero, protagonista delle tele di Gustav con il monile-collare che ne esaltava la vitalità nella profusione dei motivi decorativi dorati, o l’abito da pavone con il ventaglio di piume ammainate, o la veste stretta che le sgusciava sui fianchi.

Maria V. Altmann ha 88 anni e abita in California. È la nipote di Ferdinand e Adele Bloch-Bauer. Rivuole i sei quadri che a suo dire i nazisti portarono via dalla casa di Adele mentre lei e il marito, entrambi ebrei, erano internati in un campo di concentramento. Oggi valgono 150 mila dollari. Maria, cittadina americana, farà causa in California al Museo del Belvedere, e dunque allo Stato austriaco. Ha già riavuto altri oggetti, ma non i quadri. Se le cose andarono come Maria sostiene, si tratta di beni sottratti illegittimamente in tempo di guerra, con l’aggravante della persecuzione, e incamerati nel 1948 dallo Stato austriaco, ufficialmente a seguito di un lascito della stessa Adele. È un caso simile a quello delle porcellane settecentesche della collezione Kaumheimer, confiscate al proprietario nel febbraio del 1939 a Merano, con l’accusa di contrabbando di opere d’arte. Julius Kaumheimer stava fuggendo dall’Italia. Dopo le leggi razziali del 1938 aveva deciso di trasferirsi a San Francisco. Le 62 porcellane, affluite subito nel patrimonio del Castello del Buonconsiglio di Trento, sono state restituite alla comunità ebraica del Trentino Alto Adige dalla Provincia Autonoma di Trento, nel Giorno della Memoria di due anni fa, e rivendute all’asta qualche tempo dopo, con il ricavato, si è scritto, di 400 mila euro. Più del doppio rispetto alla stima dei sei quadri oggetto della contesa tra Maria Altmann e il Museo viennese. Si tratta dei due ritratti di Adele, dell’Apfelbaum I (Albero di mele), del Birkenwald o Buchenwald (Bosco di faggi o di betulle), delle Case di Unterach sull’Attersee e di Amalie Zuckerkandl. La stampa di tutto il mondo ne ha scritto, anche perché a sollevare la questione, nel 1998, era stato un giornalista. Qualcosa di simile aveva fatto a Trento il giornalista Maurizio Dallago dell'Alto Adige e del Trentino, nel maggio del 2000, con un servizio sulla collezione Kaumheimer.

Altro è il caso dei beni artistici sottratti a un sito o a un museo in tempo di pace, da chi agisce di iniziativa personale o su commissione. Dei tesori razziati da Lord Elgin sull’Acropoli di Atene si prova a discutere ancora, ma c’è poco da fare: il punto di non ritorno, prima del quale ciò che è stato è stato, sembra essere il Congresso di Vienna. Se invece il fatto è recente, trovare una soluzione è più semplice. Quattro anni fa, per esempio, è stata fatta rientrare in Italia una preziosa tazza d’oro ellenistica, rinvenuta a Caltavuturo in Sicilia una trentina d’anni prima durante gli scavi di un cantiere aperto da un ente pubblico. Trasferita in Svizzera con un sotterfugio ed esportata negli Usa alla luce del sole, era stata acquistata da un privato. La rivista d’arte «Kalòs» ha rivelato tutto questo, e i magistrati italiani hanno potuto dimostrare che la tazza apparteneva all’Italia, in base a un articolo della legge 1089/1939, successiva di qualche mese al caso di Julius Kaumheimer, perché i nostri beni archeologici scoperti fortuitamente appartengono allo Stato e non sono esportabili.

Chi vuole seguire quasi in diretta il caso Bloch-Bauer può accedere al sito http://www.adele.at/, aggiornato al 7 marzo scorso e gestito da Randol (anagramma di Arnold) Schoenberg, legale di Maria Altmann e nipote del celeberrimo compositore austriaco. Ma perché la causa si farà in California? La convenienza non sta solo nelle spese giudiziarie più basse (negli Usa, diversamente dall’Austria, esse non dipendono dal valore dei beni contesi). Sta anche nella sede, che si è proclamata tecnicamente competente a giudicare un crimine di guerra nazista. Il 4 maggio scorso la corte suprema di Washington ha accolto a maggioranza la richiesta di Schoenberg, con sei voti a favore su nove. Contrario, in particolare, si è detto il rappresentante del governo americano, non tanto per ragioni diplomatiche, quanto per la forte contraddizione nota a quanti si occupano del patrimonio culturale dell’umanità nelle aree interessate a conflitti armati, come il Kosovo e l’Iraq: Usa e Regno Unito non hanno ancora ratificato la Convenzione dell’Aia del 1954 per la tutela delle opere d’arte in tempo di guerra.