MARTEDÌ, 14 DICEMBRE 2004

Quella «pasquinata»

sul Concilio

Pagina 51 - Cultura e Spettacoli

Il Botta e risposta dalla «Biblioteca d'un curioso»
 
 





 
   

Spunta un dialogo con un'altra statua parlante:
«Tanto rumore per nulla
»


 
 
 

di Alessandro Dell’Aira


PASQUINO è la più famosa delle statue parlanti di Roma. Da mezzo millennio se ne sta impalata nel suo angolo tra piazza Navona e via del Governo Vecchio. Fu trovata per caso nel 1501 e sistemata sotto Palazzo Braschi. In origine era un Menelao che reggeva tra le braccia il cadavere di Patroclo, ma talmente sfigurato che fu battezzato Pasquino, forse dal nome di un oste, o di un sarto, o di un maestro di scuola che aveva la lingua lunga. Da mezzo millennio i romani gli attaccano addosso o sul piedestallo le satire anonime contro i potenti, o sui grandi eventi del momento, anche tristi come la morte di Alberto Sordi, celebrata con un grazie sincero per le risate e il buonumore regalato in vita, e con un’alzata di spalle: anche se in paradiso i santi non rideranno, Albertone, che t’importa? Quello che hai fatto hai fatto, vuol dire che loro non ti meritano. Battute taglienti, fulminanti, all’arsenico, anche se c’è da dire che i Pasquini di oggi non rischiano neppure la fotocopia d'un sonetto mentre una volta rischiavano la testa sotto la scure del papa o dei suoi nemici. Quando Napoleone entrò a Roma nel 1809, fece scalpellare da Castel Sant’Angelo gli stemmi di marmo dei papi e si vantò con il Direttorio di Parigi d’aver già fatto un bel bottino d’opere d’arte italiane, e che da Roma avrebbe mandato il resto. Sotto Pasquino una notte comparve un cartello: “Li Francesi so’ ladri, ma non tutti. Bona parte”. Quando Hitler il 6 maggio 1938 venne in visita a Roma, Mussolini foderò di gesso e di pannelli i Fori imperiali. Il percorso del Fueher lambì Piazza Navona. Pasquino non poteva restarsene zitto. “Povera Roma mia de travertino! / T'hanno vestita tutta de cartone / pè fatte rimirà da 'n'imbianchino".

Il grande Pietro Aretino, quando Pasquino era al suo debutto, ne lodò i modi spicci nel mettere a nudo i vizi e le virtù di ciascuno, e lodò anche Marforio, un’altra statua parlante che ancora se ne sta stravaccata da tutt’altra parte di Roma, in piazza del Campidoglio. Il vecchio Marfoglio ha fama di essere rintronato e conferma tutto quello che dice Pasquino. Dopo che Roma divenne capitale d’Italia circolarono le prime antologie di pasquinate celebri, alcune popolarissime come l’edizione pubblicata nel 1889 dagli eredi dell’almanacco Barbagrigia, o come il fascicoletto uscito nel febbraio 1885 nella Collana “Biblioteca d’un curioso”, a cura di un fantomatico Ufficio d’Amministrazione della Biblioteca, che da Soriano nel Cimino sfornava ogni mese libretti su vari argomenti come il Magnetismo svelato o il Tabacco dinanzi al Tribunale del Mondo Civile. Tra le pasquinate della Biblioteca d’un curioso, una riguarda la chiusura del Concilio di Trento sotto papa Pio IV ed è un breve scambio di opinioni tra Pasquino e Marforio. Eccolo.

Marforio: Dopo tanto scalpore / Che s’è levato a Trento / Pasquin che s’è concluso?... / Pasquino: Come piacque al Signore / Restammo al Mille e cento. / Tutto secondo l’uso. /
Marforio: Ma dunque, la Riforma? Pasquino: Zitto; pare che dorma. /

Tra Pasquino e Marforio c’è un’intesa perfetta, quella dei comici consumati. Marforio, la spalla, serve la battuta a Pasquino che lancia il petardo, la castagnola finale e fa ridere la gente. Qui però il dialoghetto non è in romanesco, ed è anche un po’ lambiccato, per cui potrebbe risalire a tempi recenti. Lo segnaliamo ugualmente, come curiosità che riguarda Trento e l’interpretazione corrente del suo concilio, dove si fece molto rumore per nulla e ora tutto tace, per fortuna, altrimenti si sveglia la riforma. E le riforme che non piacciono, come si sa, se dormono non vanno punzecchiate.