MARTEDÌ, 14 MARZO 2006

 

Storie di dei
e bellezze irraggiungibili.

«A due passi dall'Olimpo»,
romanzo di Tania Caroli



   
L'associazione culturale Glauco di Lavis organizza oggi un incontro, alle ore 20.30, all'Auditorium della Biblioteca, per presentare il libro di Tania Caroli, A due passi dall'Olimpo (Pesaro, Metauro, 2005, 150 pagine, 10 euro).
Si tratta dell'esordio nella narrativa della ventottenne trentina, laureata alla Sapienza in Lettere moderne e in Forme e tecniche dello Spettacolo.
 

Pagina 47 - Cultura & Società

 
 
 
 

  di Alessandro Dell’Aira

 


IMMAGINATEVI uno scultore inurbato, che supera se stesso e vince un premio ambitissimo grazie a un amore fiorito e sbocciato in città. Ma sul più bello l’artista, tra una fronda e l’altra d’alloro, scopre che quella donna non è per lui. Rottosi l’incantesimo, l’uomo abbandona il campo e torna al suo atelier di provincia. Morale? Ognuno tragga la sua: l’amore inquina l’arte, chi troppo in alto sal cade sovente, amori e buoi dei paesi tuoi. Oppure, volendo, sottolinei la frase che Tania Caroli, autrice del romanzo “A due passi dall’Olimpo”, usa come sigillo della vicenda di Policleto, il provinciale venuto da Argo ad Atene a sfidare Fidia. “Quando ogni equilibrio è rotto si ricorre al principio, al sicuro rifugio della nascita per cui si prova un’improvvisa devastante nostalgia”.

Squarciato il velo, avvenuta la presa d’atto che nel gergo dei tragici greci si chiama agnórisis, e a volte butta male, a volte peggio, Policleto lascia Atene e torna a casa senza neppure passare dal Partenone. Ciascuno di noi, intento a vivere le tappe della propria vita come fossero le sette vite dei gatti, questa frase potrebbe usarla come firma da mettere in fondo ai messaggi e-mail, o mandarla a memoria per chiudere degnamente una fase della propria esistenza e rimettersi in marcia. Chi si convince che la vita non è fatta a scale ma a tappe, affronta meglio i naufragi, i distacchi, la rottura degli equilibri. Scende incolume a grandi falcate dall’Olimpo, anche a due passi dalla cima, consapevole che l’Olimpo non esiste. Consapevole che su questa terra non esiste il sublime, la perfezione, il luogo abitato dagli dei. Se trovi Itaca povera, non ti avrà deluso per questo, ha scritto il grande Costantino Kavafis. Itaca è il viaggio.

“A due passi dall’Olimpo” racconta con brio una storia che in qualche modo è il rovescio del mito di Orfeo. La real story ateniese di Kora prevede però che Policleto di Argo, persosi in quell’inferno che era Atene già allora, s’imbatta nei suoi occhi per caso, e con gli occhi propri ne intuisca la fascinosa bellezza. La perde di vista, e subito si mette sulle sue piste come un automa. La incontra di nuovo, nuovamente per caso, e si mette a seguirla come uno schiavo, a dipendere dal suo corpo, ad amarla dovunque, nei campi, tra le vigne, in cento letti, in mille case. Così apprende un nuovo modo di scolpire, che consiste nel carezzare il marmo con gli strumenti come fosse la carne di Kora, in modo mai riuscitogli prima. Finché… ma la fine della storia la lasciamo al lettore. Non possiamo competere con il narratore, il depositario della storia inventata da Tania. Diciamo solo che si tratta di Fidia, il padre del Partenone e dei suoi fregi, sconfitto da Policleto nella gara di scultura che aveva per tema “Un’Amazzone per Efeso”. La notizia storico-artistica della gara ce l’ha lasciata Plinio il Vecchio. Il dettaglio che Kora sia stata l’ispiratrice di Policleto, è un’interessante invenzione di Tania Caroli, nella migliore tradizione dei romanzi storici.

Quella delle Amazzoni è una questione a parte, una sorta di arco voltaico fra matriarcato e femminismo. Una morbida parentesi, un’immensa placenta che ha nutrito per millenni la cultura del patriarcato e del maschilismo. La cultura di oggi è filiarcato, e dunque non è il caso di fare polemiche. Ma che devastante attrazione stiamo provando per le Amazzoni, le nostre care Amazzoni indoeuropee. Stiamo pensando, per esempio, che il loro mito è l’unico attecchito nel Nuovo Mondo. Le Amazzoni! Hanno dato il nome al più grande dei fiumi e alla più verde e selvaggia delle terre. Vorrà pure dire qualcosa.

Tornando a Kora, non essendo un’Amazzone si guarda bene dal vendicarsi su chi l’ha abbandonata. È una donna bella di corpo e di anima, che travolge la fantasia e gli ormoni di Policleto, il quale come una falena si scalda al suo calore e alla fine si brucia le ali. Colpa di Kora? Non scherziamo. In lingua greca, Kora vuol dire ragazza. Kora è il secondo nome di Persefone, la figlia di Demetra regina delle messi, che fu rapita da Plutone e restò con lui. Kora divenne la regina degli Inferi, e ogni anno per sei mesi tornava tra i mortali accanto alla madre. Al principio, al sicuro rifugio della nascita. E sulla terra tornava con lei la bella stagione. Poi Kora tornava con Plutone, e sulla terra tornava l’inverno. Così va il mondo, e le stagioni. Tutto merito della saggezza di Kora. Se Policleto avesse un po’ riflettuto su quel nome, avrebbe speso la sua vita a tappe, sei mesi ad Argo e sei mesi ad Atene. Due atelier, due vite d’artista, la gloria e l’anonimato, il mare e la terraferma, il sublime e gli affari. Ma gli uomini, ahimé, come i Titani e Charlie Gaul, vogliono solo scalare l’Olimpo.