GIOVEDÌ, 3 AGOSTO 2006

Pagina 50 - Cultura & Società


 
Capanna, leader
negli anni 60
ora contadino


A Comano Terme nuova edizione del salotto letterario "Trentino d'autore" promosso da più di dieci anni dalla locale azienda di promozione turistica. Il primo appuntamento è in programma domani alle 17 all'auditorium delle terme. Sarà ospite Mario Capanna, leader del Sessantotto e ora coltivatore biologico, con il suo ultimo libro "Coscienza globale: oltre l'irrazionalità moderna" edito da Baldini & Castoldi.

 
 
 

  di Alessandro Dell’Aira

 

SULL'ECO DEL BALLO EXCELSIOR, agli albori del Novecento, un grande vuoto nasceva dalle certezze perse. Era la Fabbrica del Vuoto, vista da Benedetto Croce. Tra mondofiction e reality-show, agli albori del terzo millennio, Mario Capanna parla di Fabbrica della Realtà.
Ma quale? Una realtà di isole e fattorie televisive, una saga infinita di corna impunite e/o corna con pentimenti che appassionano manager e politici (anche qualche ministro), intellettuali organici e non solo, casalinghe e non solo, in un solo gorgo di passione e simulazione. La simulazione non solo sostituisce la realtà, ma la fabbrica.
Fabbrica anche le nostre incertezze esistenziali. Come Umberto Galimberti ha ricordato, oggi si fabbrica anche la Verità, e dunque l’Incertezza. Le “nostre” insicurezze, il “nostro” pensiero debole, la “nostra” identità, la “nostra” rappresentazione del mondo, che coltiviamo come fiori di campo, sono illusioni geneticamente modificate.
Il pollo di oggi nasce acefalo, stecchito e spiumato sotto un velo di stretch termoretraibile, dentro un mezzo uovo di polipropilene a forma di vassoietto. Così infatti è rappresentato nell’iconografia degli asili infantili metropolitani. E la telefonia cellulare? Il più delle volte, è Fabbrica di Sentimenti compulsivi scambiati sotto forma di messaggi individuali a bassissimo prezzo, miliardi di messaggi al secondo, ora anche per cani e neonati (quanto fa in dollari, su scala globale?).
Siamo schiavi pensando di essere padroni, frase storica di Hans Georg Gadamer ripresa da Capanna per ricordare alla ragnatela intelligente di web-utenti che internet è una catena.
A quarant’anni dalla Contestazione globale, Capanna recupera la Coscienza globale. Che cos’è? Per chi ne è capace, la Coscienza globale è “la percezione dell’insieme, che dà senso a ogni parte del reale, destinata altrimenti ad apparire come finzione”. L’uovo di Colombo, verrebbe da dire.
Il problema è che l’evidenza dei collegamenti, come sanno i filosofi ma anche gli studenti che preparano le ricerche per gli esami, l’esibizione dei collegamenti non è coscienza globale. La coscienza globale è la coscienza dell’insieme, l’interiorizzazione dei collegamenti.
Ma come si fa? Chi ci aiuta? L’informazione oggi è triturata, confezionata in pacchetti e lanciata alle coscienze disorientate e mediate, in una parola “dipendenti”. Oggi l’umanità non sa da dove viene, dove si trova e dove sta andando. Soprattutto le giovani generazioni. Che male c’è, si dirà, pensiamo ai filosofi, quando mai un filosofo, soprattutto da giovane, ha dichiarato di sapere da dove viene, dove si trova e dove deve andare?
E anche loro, i filosofi, non sono sempre stati mediati dagli strumenti dell’azione o del pensiero, né più o né meno dei navigatori mediati dalla bussola, o dalle stesse vele al vento? Si però… E a pensarci bene, sarà così in eterno? Questa obiezione (Però…), e questa domanda retorica (Sarà sempre così?) sono le due coordinate del ragionamento di Mario Capanna. Sì, però… oggi ci sono le tecnostrutture. Tecnostruttura è una parola coniata da Galbraith nel 1968, in quell’anno davvero famoso, per definire il potere che nel ventesimo secolo ha acquisito l’homo industrialis, di stravolgere la natura e anche se stesso. Per cui, se un tempo era il contesto a mediare l’uomo, oggi è il contrario: l’uomo media il contesto, lo altera, lo piega a interessi quasi sempre effimeri, spesso discutibili e non di rado inconfessabili.
Capanna ci sollecita a leggere i fatti del mondo con gli occhi aperti e il cervello in funzione. E non esita a denunciare i limiti del Sessantotto, che nel ridisegnare la forma del mondo non riuscì a determinare il passaggio dalla nuova forma alla nuova sostanza. Oggi, nell’era della mondofiction, l’impresa è molto più ardua. Il fondamentalismo è una visione ideologica più vitale che mai. Altro che crollo delle ideologie.
Capanna oggi si è dato all’apicoltura, sulle colline verdi tra Umbertide e Città di Castello. Un po’ come Machiavelli, mutati i tempi e la Toscana ringhiosa con l’Umbria mistica, la sera si cambia d’abito e va a scrivere nel suo studio, e dalla finestra vede un’abbazia benedettina e i ruderi di due mulini ad acqua. Il paesaggio evoca due antichi poteri forti, il potere dell’ascesi e il potere della macina. Un paesaggio, tutto sommato, se non arcadico rasserenante, dove molti polli, sfidando le tecnostrutture, nascono dalle uova con testa e tutto e ruspano ancora a più non posso. Da quella finestra la Fabbrica della Realtà non si vede. Eppure c’è. Basta distogliere gli occhi dall’orizzonte di colline e fissare il televisore, anche senza accenderlo. Oppure, ancora meglio, basta chiudere la finestra e guardare la tv, dopo aver scritto sul piccolo schermo con un pennarello acrilico quella bella frase di Bertrand Russell, che Mario Capanna diluisce nel contesto del suo ultimo libro: “La maggior parte della gente morirebbe piuttosto che pensare, e molti fanno proprio così”. Ma chi ci aiuta a pensare prima di morire, anche in modo gravemente imperfetto? La vita? La verità? La realtà? Absolutely not. Senza però, senza ma, senza alibi, e come è sempre stato, solo noi stessi.

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