Francesca Barraco Torrico

 

«Como Pirandello, o nosso Machado de Assis explorava constantemente um “humour” lúgubre, deleitando-se por isso em surpreender as manifestações do egoísmo humano através de coisas funerárias» (Eugenio Gomes)

(AA.VV.,
Machado de Assis na palavra de, Salvador Bahia, Livraria Progresso Editora, 1958, p. 73)

 
 
     
 
 
JOAQUIM MARIA MACHADO DE ASSIS (Rio de Janeiro 1839 – 1908), grande scrittore brasiliano della fine dell’ottocento, dava ai suoi libri una parvenza di rispetto umano e di buone maniere, per potere, protetto da questa apparenza, smascherare, investigare, scoprire il mondo segreto dell’anima, per poter ridere della società ed illustrare i lati più strani della personalità umana. La sua prosa, elegante e discreta, il suo tono umoristico e, nello stesso tempo, accademico preparano sempre per il lettore le sorprese più inaspettate. Il suo essere moderno e attuale deriva dal suo stile atemporale definito da molti critici come stile raffinato ed ironico.

Con Memórias Póstumas de Brás Cubas1 che, per la ricchezza delle tecniche sperimentate, divenne quasi un breviario delle varie possibilità narrative della sua nuova visione del mondo, Machado scoprì, ancora prima di Pirandello, che la condizione del personaggio nella narrativa non dipende né dalla sua fissità psicologica, nè dal suo essere “tipo”.

Chiamandolo, come fece Pirandello, “sentimento del contrario” e partendo da Memorias Póstumas, si può giungere ad un processo di inversione parodistica dei codici tradizionali che il Romanticismo aveva fatto circolare per quasi un secolo.

Andando al di là della visione umoristica e filosofeggiante di questo romanziere del “Segundo Reinado” locale e nello stesso tempo universale, si nota che nella sua opera c’è molto dell’essere multiplo e impalpabile di Pirandello.

I parallelismi tra i due scrittori sono numerosi. Machado, ad esempio, paragona il mondo ad un ballo di vestiti affittati. Certi problemi della vita – dice - nascono dal contrasto tra uomini e vestiti. Ci sono vestiti su misura che valgono quanto costano e vestiti troppo larghi o troppo stretti che danno fastidio a chi li indossa.

Anche Pirandello realizzò uno studio sullo stesso tema, nel racconto Marsina stretta, in cui narra la storia di un professore tormentato dal fatto di dover indossare un vecchio frac diventato ormai troppo stretto.

Nel racconto di Machado O Alienista troviamo un’anticipazione di quello che è il pensiero pirandelliano e cioè l’umorismo trascendentale dello scrittore siciliano:

[...] O Alienista, sob a sua aparência leve e um tanto caricata, encobre a sátira mais feroz de tôda a sua obra [...] dando uma ressonância inédita ao humour, aproxima-se, ao meu ver, do humorismo transcendente de Pirandello em suas obras mais representativas. [...] (Meyer, 1958, p. 57)

Il vero umorismo trascendentale, quello che ci trascina direttamente nel mondo dell’assurdo, lo troviamo per la prima volta proprio in questo racconto in cui non esiste alcun equilibrio perchè si entra nel regno del delirio sistematico, della “logica dell’assurdo”. (Meyer, 1958, pp. 54-56)

O Alienista che, dietro la sua apparente leggerezza, fa risaltare uno humour analogo a quello trascendentale di Pirandello che, ad un certo punto, si confonde con la tragedia, rappresenta la satira più feroce di tutta l’opera di Machado.

L’umorista trascendentale non urla, ride ed il suo riso è una forma di protesta, un modo per rifugiarsi nella pazzia dell’assurdo. L’umorismo trascendentale non conosce i limiti dell’etica, è al di là del bene e del male perchè ha spezzato le catene che lo legavano alla solidarietà umana. Vuole mostrare, dietro l’apparente logica delle cose, l’assurdo di tutto.

La chiave dello stile di Machado de Assis, l’essenza del suo umorismo, quel “certo non so che” che dà vivacità alla sua prosa è il processo di non identificazione. (Schwarz, 1982, p. 316). L’elemento formale di base nei romanzi della seconda fase dello scrittore brasiliano, è, infatti, il narratore volubile, quello che cambia sempre posizione, che percorre un insieme di posizioni, ripete lo stesso percorso fino alla nausea, ma non si identifica mai con nessuna di queste.


 
 
     
 
 
UNO DEI PROBLEMI FONDAMENTALI rappresentati nell’opera di Machado è quello dell’identità: “Chi sono”? “Cosa sono”? Queste ed altre domande si trovano in molti suoi racconti e romanzi in cui viene rappresentato il problema della divisione dell’essere e dello sdoppiamento della personalità. (Candido, 1970, p. 23)

Per Machado, come per Pirandello, l’IO è un labirinto in cui si annega e che ci allontana dall’armonia del creato. (Collura, 2003). Siamo tutti schiavi del principio di identità, costruiamo il nostro sistema e ne rimaniamo imprigionati.

Lo scrittore brasiliano si pone l’eterna domanda del chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo, come farà più tardi anche Pirandello che affronterà questo tema nel suo romanzo Uno, nessuno e centomila, in cui il protagonista, perdendosi nel labirinto della propria interiorità, alla spasmodica ricerca della sua vera identità, arriva con le sue sole forze ad una verità assoluta, quella che gli fa avvertire la presenza di due anime nello stesso individuo.

Già Machado aveva identificato nell’essere umano “due anime”, due facce di una stessa medaglia: l’anima esterna che è quella che mostriamo al mondo e l’anima interna che ci appartiene e che teniamo nascosta gelosamente dietro una maschera.

Egli aveva rappresentato il tema delle due anime, in maniera magistrale, nel racconto O Espelho, in cui un Alferes della Guardia Nazionale va a trascorrere un periodo di tempo nella fazenda della zia che, orgogliosa di questo nipote, obbliga gli schiavi a rivolgersi a lui, chiamandolo sempre “Signor Alferes”. L’uniforme, che lo contraddistingue socialmente, diventa per lui una seconda anima. Quando la zia parte per un viaggio, l’Alferes rimane solo perchè anche gli schiavi ne approfittano per fuggire. Solo e senza il coro degli schiavi, che ripete continuamente “Signor Alferes”, il giovane arriva al punto che, guardandosi allo specchio, non riconosce più la sua immagine. Pensa allora di indossare di nuovo l’uniforme e finalmente, guardandosi allo specchio, si riconosce nel suo status sociale.


La divisa rappresenta, quindi, una delle due anime dell’Alferes, anime che tutti noi abbiamo, almeno secondo l’opinione del narratore che conclude dicendo che, senza gli altri, non esistiamo, siamo nessuno. (Candido, 1970, pp. 23-24)

Quelle che Machado chiama “le due anime”: l’anima interna e l’anima esterna, Pirandello le chiamerà più tardi il “Dio di dentro” e il “Dio di fuori”. Lo scrittore siciliano abbandonerà, ad un certo punto della sua vita, il Dio di fuori per recuperare il Dio di dentro. (Collura, art. cit.)

Un altro problema affrontato da Machado è quello della pazzia, egregiamente rappresentato nel racconto O Alienista, storia di un medico che, aperto un manicomio, in poco tempo lo riempie di pazzi. Quasi tutta la città, infatti, viene ricoverata ed è a questo punto che il medico rivede e corregge la sua teoria. Fa liberare gli internati e ricovera le persone equilibrate, che essendo un’eccezione, in realtà sono una anormalità. Questa minoranza di persone viene sottoposta alla terapia della seconda anima, ognuno, cioè, viene tentato da qualcosa a cui non sa resistere e finisce per cedere, mettendosi così allo stesso livello della maggioranza. Il manicomio, alla fine, rimane vuoto. L’Alienista capisce, finalmente, che i germi dello squilibrio si erano manifestati facilmente perchè erano già latenti nelle persone, quindi il merito della loro guarigione non era dovuto alla sua terapia. Conclude che non esiste un solo uomo normale capace di resistere alle tentazioni, alle manie. Analizzandosi capisce che è proprio il suo caso e decide di ricoverarsi volontariamente nel manicomio, dove muore alcuni mesi dopo.


La domanda sorge spontanea: chi è il pazzo?, oppure: siamo tutti pazzi?

Questo racconto ed il precedente di Machado anticipano alla fine del sec. XIX, ciò che avrebbe reso celebre Pirandello negli anni Venti.


.......



1 È uno dei tre romanzi più famosi di Machado. Essi facevano parte della cosiddetta trilogia: Memorias Póstumas, Dom Casmurro e Quincas Borba.


Riferimenti bibliografici


(1) Bosi, Alfredo, Machado de Assis, O Enigma do Olhar, São Paulo, Editora Atica, 2000.
(2) Schwarz, Roberto, in
Una Tavola Rotonda su Machado de Assis, a cui ha partecipato un gruppo di specialisti dell’opera dello scrittore, svoltasi nella sede della Casa Editrice Atica, il 14.11.1980, intervento inserito in Antologia Estudos di Bosi Alfredo et alii, Machado de Assis, São Paulo, Ed. Atica, 1982.
(3) Candido, Antonio,
Varios Escritos, São Paulo, Livraria Duas Cidades, 1970.
(4) Collura, Matteo,
Pirandello assassino dell’identità, articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 7.1. 2003.
(5) Meyer, Augusto,
Machado de Assis 1935-1958, Rio de Janeiro, Livraria S. José, 1958.

(Francesca Barraco Torrico)