LA LUNA cresceva nel cielo. Tetis, ninfa instancabile, nuotava nell’Oceano e risaliva l’Africa, fin dove il continente sembra finire ma non finisce perché lì la terra quasi tocca un’altra terra, poi all’ultimo quasi desiste, gira a destra e lascia aperto un passaggio per il quale l’acqua penetra e forma un mare più calmo, più chiaro.

Tetis smise di nuotare. Ebbe paura di entrare e passò oltre.

 
 
 
IN QUELLA NOTTE di febbraio la luna era color ghiaccio. L’acqua dell’Oceano era fredda. A Tetis quel freddo piaceva ma notò che l’acqua era sempre più gelida. Non può essere, pensò, questa è acqua dolce, qui c’è la foce di un grande fiume.

All’improvviso udì una voce strana, tra umida e liquida, giungere dalla costa lontana. “Come ti chiami?”. Tetis rabbrividì. Arretrò. Ma siccome le ninfe sono curiose, lasciò passare un po’ di tempo e nuotando in cerchio tornò dov’era prima, finché non udì nuovamente: “Come ti chiami?”. Aveva la gola secca, era stanca di tanto nuotare. Trangugiò un sorso di quell’acqua dolce e rispose: “Chi sei? Stai parlando con me?”

“Molto piacere, io sono il Tago, un fiume. Sono nato in Spagna e ora vivo a Lisbona. E tu chi sei?”
“Piacere mio, mi chiamo Tetis, sono una ninfa e vivo nell’Oceano”.
Il nero della notte stava per svanire. Sempre più curiosa, la ninfa guardò verso il fiume. “E… rose rosse! Per chi sono?”

Il Tago rispose: “Tetis, non sai che giorno speciale è oggi?”
“Non lo so proprio. Speciale? Perché?”
“È il 14 febbraio”.
Tetis smise di nuotare. Il fiume disse:
“È San Valentino, patrono degli innamorati. Le rose sono per te, amore mio. Mi piaci, mi piace la tua pelle bianca di ninfa”.
“Io ti piaccio? Per me queste rose? Io il tuo amore? Sei matto. Il giorno degli innamorati, oggi? Oggi non è festa, non ci sono innamorati. Il giorno giusto è il 12 giugno!”
“Ma che dici? Ti sbagli…”
“Smettila, fiume Tujo, o come ti chiami. Non accetto regali da chi non conosco”.
“Dammi un minuto…” implorò il Tago.
“Un minuto? Ti ho detto di smetterla!”

Il Tago non la smise. La ninfa ebbe paura e tornò indietro al Capo Tormentorio. Al Tago non restò che mutarsi in delfino e inseguirla per migliaia di miglia, con le rose rosse nella corrente.

Finirono quasi dall’altra parte dell’Oceano, dove comincia una terra color fuoco. L’acqua era sempre più calda e il suo calore al fiume piaceva. La ninfa, che invece amava il freddo, scoprì a poco a poco che il calore non è assenza di freddo ma è una delle cose infinite della vita, fatte per essere scoperte.

La terra era vicina, l’Oceano ancora profondo. La ninfa si immerse, il fiume Tago la seguì. Entrarono insieme in una grotta con le pareti rivestite di conchiglie.
Lì fecero un giaciglio con le rose. Il fiume amò la ninfa, con la delicatezza di un’ape poggiata su un fiore.


 
 
 
 
 
 
PASSARONO i mesi, arrivò il 12 giugno. Il fiume e la ninfa uscirono dalla grotta, diretti in superficie. Nuotarono a lungo, fino a un luogo bello e secco. Non avevano mai visto una spiaggia così.
Su quella spiaggia c’era solo un pastore che badava alle capre.
“Che mare è questo?”, chiese il Tago.
“Che mare? Qui non c’è mare”.
“Come si chiama questo posto?”
“Poços de Caldas. E voi, da dove uscite?”

La ninfa e il fiume non risposero. S’immersero di nuovo e se ne andarono. Da quel giorno, molti giovani innamorati vanno a Poços de Caldas il 12 giugno. E per questo la gente, senza riguardi, chiama Poços de Caldas “Cimitero delle Vergini”.

Alessandro Dell'Aira, Il nuovo mito di Tetis e Tago.


   
 


Poçinhos do Rio Verde (Poços de Caldas)

Poços de Caldas, Fonte dos Amores.






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Poçinhos do Rio Verde

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