ISABEL CRISTINA
LEOPOLDINA AUGUSTA, secondogenita
dell'imperatore Pedro II, era l'erede al
trono del Brasile. Aveva studiato in
Europa. Dopo l'abdicazione del padre,
divenne imperatrice e abolì la
schiavitù con la Lei Aurea. Era il 13
maggio 1888. Il 28 settembre 1871,
durante una reggenza, aveva decretato che
nessuno sarebbe più nato schiavo. Il 28
settembre 1888, anniversario di
quest'ultima legge detta do Ventre Livre,
Papa Leone XIII la insignì della Rosa
d'Oro. L'anno dopo, era il 1889,
in Brasile fu proclamata la Repubblica.
Isabel e consorte decisero di stabilirsi
a Parigi. E fu lì che nel 1901 la
incontrò un brasiliano fanatico della
Belle-Époque, trasferitosi anche lui
nella Ville-Lumière: Alberto
Santos=Dumont, ventott'anni, figlio di un
ingegnere del Minas Gerais arricchitosi
con il caffè. Il giovanotto pranzò con
Isabel dopo un incidente, uno dei tanti,
che avrebbe potuto costargli la vita e
che invece lo trasformò in pioniere
della moda universale. A parte questo,
Santos=Dumont è entrato nella storia
dell'aviazione per il suo geniale 14-Bis,
primo aereo a motore in assoluto, ai
comandi del quale, nel Bois de Boulogne,
il 23 ottobre 1906 si staccò dal suolo e
volò per sessanta metri. Il 12 novembre
il 14-Bis pilotato da Santos=Dumont ne
percorse duecentoventi all'altezza di sei
metri. La fama di quelle imprese fu poi
usurpata dai fratelli Wilbur e
Orville Wright, specialisti in
alianti, che fecero tesoro delle
intuizioni di Santos=Dumont. Dal
confronto con loro il brasiliano non
uscì a testa alta solo perché era
bassino di statura.
Torniamo
al 1901. Santos=Dumont aveva allestito il
suo quinto dirigibile, impiegando corde
di pianoforte per sospendere la navicella
al pallone. Nel mezzo aveva piazzato il
motore, in corrispondenza del centro di
gravità del pallone, con l'elica a poppa
e la cesta del pilota a prua. Puntava al
Premio Deutsch, che assegnava 100 milioni
di franchi a chi fosse partito da
Saint-Cloud, e dopo un giro della Tour
Eiffel fosse tornato alla base in 30
minuti.

Da:
Acervo
de Santos-Dumont (c.s.)
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Santos=Dumont fissò la
prova al 12 luglio. Tutto andò per il
meglio, poi una delle corde di piano si
sganciò dal supporto. Fu costretto a un
atterraggio di fortuna, prima di tornare
a Saint-Cloud in un'ora e sei minuti. Il
giorno dopo ci riprovò. Con il vento a
favore raggiunse la Tour Eiffel in undici
minuti, a 120 metri d'altezza. Dopo la
virata il pallone impazzì. Santos=Dumont
lo bucò di proposito per scendere nella
Senna. Invece finì senza danni eccessivi
tra i rami di un albero del parco
Rotschild. Un giardiniere accorse e gli
servì da bere. Dalla villa accanto, la
principessa Isabel ammirava quel matto
del Minas Gerais che indugiava tra le
fronde sorseggiando champagne. Lo invitò
a colazione. Santos=Dumont, che sapeva
vivere, si sfilò la cravatta
rouge-flamant e ne mise una nera. Dopo il
dessert Isabel gli donò una medaglia
prodigiosa, contro tutti i malefici. Il
giovanotto la ringraziò e tornò al suo
pallone numero 5.
8
agosto. Alle sei e nove minuti
Santos=Dumont sta doppiando la Tour
Eiffel. Questa volta a piantarlo è una
valvola. Il pallone si sbilancia, l'elica
trancia una corda di piano e tutto si
imbroglia. Per non schiantarsi contro il
simbolo di Parigi, il pilota si fa
spingere dal vento a seicento metri
d'altezza, esce dalla cesta, procede
carponi sui tubi della navicella,
sbroglia le corde, torna indietro e
s'imbraga, pronto al peggio. Al polso
sinistro ha la medaglietta di Isabel. Il
pallone, alla deriva, pare un vecchio
elefante innervosito con la proboscide
impennata. Sfiora il tetto dell'Hotel
Trocadero ed esplode. La navicella tocca
la facciata, ma nell'urto il traliccio
non si disfa. Le corde di piano e i
brandelli del pallone la reggono
penzoloni con la cesta all'aria e l'elica
verso terra. La cesta, solidale al
traliccio e con dentro il pilota
imbragato, si ferma capovolta all'altezza
di una finestra del sesto piano. In
attesa dei soccorsi, qualcuno allunga un
sigaro acceso al miracolato. Il tempo di
quattro tiri e i pompieri gli lanciano
una corda. Santos=Dumont, antitabagista,
non fuma ma sa vivere. Si mette in salvo
da solo, corre sul tetto a recuperare le
briciole del pallone numero 5. Poi,
flemmatico, lascia l'Hotel dalla porta
principale. Si ricomincia.
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Da:
Acervo
de Santos-Dumont (c.s.)
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Dalla biografia di Antonio Sodré:
«Nell'uscire, mostrò alla moltitudine
che lo acclamava una medaglietta di São
Benedito (alcuni dicono che era di São
Bento), che alcuni giorni prima aveva
avuto in dono dalla sua cara amica, la
principessa Isabel, contessa d'Eu.
Baciando la medaglia, attribuì a São
Benedito il fatto di essere scampato alla
morte» (p.90).
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Breve
parentesi: non c'è dubbio, la
medaglia è di São Bento, e
cioè San Benedetto da Norcia,
l'abate di Montecassino.
Circolava da tempo: era stata
ideata nel 1742 e disegnata
personalmente da Papa Benedetto
XIV, che volle trascrivervi
alcune formule di esorcismo. La
croce e la medaglia di San
Benedetto avevano fama di essere
infallibili contro il Maligno, e
i benedettini le diffusero nel
mondo. São Benedito invece è il
patrono degli schiavi del
Brasile. Canonizzato nel 1807,
era nato in Sicilia come i
genitori, figli di africani
subsahariani deportati in
cattività a San Fratello, un
paesino della diocesi di Messina.
Morto a Palermo nel 1589, fu
beatificato da Benedetto XIV nel
1743, un anno dopo l'ideazione
della medaglia e della croce. Fin
dal 1612, sostenuto dai teologi
di Coimbra e dai francescani
portoghesi, fu venerato in
Brasile come "santo
vero", patrono degli
africani di lì, al punto che in
qualche terreiro di candomblé lo
sincretizzarono con Ossain,
l'orixá «curandeiro».
Santos=Dumont da ragazzo aveva
lavorato nella fazenda del padre,
in una zona del Minas Gerais dove
più viva che altrove era ed è
la devozione a São Benedito. Non
conosce la storia di São Bento e
di quella medaglia e attribuisce
a São Benedito la propria
salvezza. O forse fa confusione,
e come molti brasiliani di ieri e
di oggi "sincretizza"
devozioni diverse. Invece alcuni,
scrive Antonio Sodré, sostengono
che la medaglia è di São Bento.
Questi alcuni sono i colti,
quelli che sanno e fanno sottili
distinguo. Ne abbiamo già
scritto, e chiudiamo la
parentesi.
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Qualche tempo
dopo, la medaglietta di Santos=Dumont
ispirò al gioiellliere e stilista Louis
Cartier, suo grande amico, il revival
dell'orologio da polso, che era stato
introdotto da secoli ma agli inizi del
Novecento non si usava. Le donne si
limitavano ai braccialetti, gli uomini
tenevano la cipolla in un taschino del
gilè. Santos=Dumont, esperto di macchine
volanti, confidò a Cartier che ai
comandi voleva la testa sgombra, le mani
libere e l'orologio sempre sott'occhio.
Così Cartier lanciò sul mercato il
modello Santos, di forma quadrata e col
cinturino di cuoio, per gli elegantoni
che volevano apparire spericolati.
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A moda pegou, si dice in
Brasile. Il Cartier
Santos non ha nulla da
spartire con la città di
Pelé. Ha a che vedere
con Alberto Santos=Dumont
e la medaglia di São
Benedito (dicono alcuni,
di São Bento). Non fece
scuola, invece,
l'invenzione dei due
trattini che
Santos=Dumont usava
mettere tra i due
cognomi, per distinguersi
dai francesi che di
trattini tra i nomi e i
cognomi ne mettono uno,
come a dire che lui,
brasiliano, per
discendenza era un po'
portoghese per parte di
madre, e un po' francese
per parte di padre, e
dunque mischiato fino al
midollo.
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Da: Nancy WINTERS, Man
Flies: the histoy of
Alberto Santos-Dumont. Edizione
brasiliana: O
homem voa! A vida de
Santos-Dumont, o
conquistador do Ar. São
Paulo, DBA, 2000, trad.
M. Vilela, pp. 116-117.
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Che giungla, la
moda. Evolve a capriccio ma tende a
obbedire alle leggi di Darwin. Il meglio
si salva, il peggio soccombe. Così,
nell'Italia del miracolo economico, non
ebbero fortuna due trovate (tremende)
dell'Avvocato Giovanni Agnelli II:
l'orologio affibbiato sul polsino della
camicia, e ancor meno la cravatta
sgusciata dal gilè. Elegantoni, rien ne
va plus. La Belle-Époque è la
Belle-Époque.
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CREDITS |
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Nancy
WINTERS, Man
Flies: the histoy of Alberto
Santos-Dumont. London,
Bloomsbury, 1997. |
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Martín
DE ELIZALDE, O.S.B,
La cruz de San Benito, «Coloquio»,
Revista de la Abadia de San
Benito. Lujan (Argentina), I, 4,
Sección Espiritualidad (1998). |
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Alessandro
DELL'AIRA, Benedetto
XVI tra due santi italiani. «Oriundi», Revista
italo-brasileira de informação
e emoção. X, 60, Junho/Giugno
2005, p. 8. |
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Antonio
SODRÉ, Santos=Dumont,
um heroi brasileiro. Centenário
do primeiro vôo do 14-Bis. São
Paulo, Arindiuva, 2006. |
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Santos=Dumont
Designer.
São Paulo,
Museu da Casa Brasileira, 3
maggio-31 luglio 2006.
Esposizione a cura di Guto Lacaz,
in occasione del primo centenario
del volo del 14-Bis. Testo del
catalogo: Adélia Borges. |
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Alberto
Santos Dumont, Pai da Aviação.
Acervo de Santos-Dumont,
organizado pelo
Tenente-Brigadeiro-do-Ar Nelson
Freire Lavenère-Wanderley. Sito web
realizzato dalla Força Aerea
Brasileira, in collaborazione con
la Fondazione Itaú. |
Alessandro Dell'Aira, Santos=Dumont,
Cartier e l'orologio da polso.
Tutti i diritti riservati.
L'autore è grato a Guto
Lacaz, per le cortesi indicazioni
bibliografiche.
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