22 dicembre 2000
La rotta di Màlinka
e del dottor Salvacuori


«Diario di bordo»
di Fabrizio Rizzi

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quarantena


Una dentista, Màlinka, va da uno psicanalista, il dottor Salvacuori. Ha problemi con il cibo, non riesce a ingoiare niente di solido. L'analisi la porta a riflettere sui morsi di un neonato che assaggia il seno della mamma, aggressivo nel senso latino di chi si avvicina a qualcuno o a qualcosa, per saggiarlo. Màlinka, guidata dal suo dottore, grazie a lui scopre di essere la figlia di due avverbi: suo padre ha quasi settant'anni, sua madre è morta che ne aveva solo cinquanta.

Chi imbastisce la storia non è Salvacuori. È il suo analista supervisore, che ha l'età del padre di Màlinka ed è invecchiato bene, senza né lividi né graffi, forse con qualche cicatrice nell'anima, residuo di un'antica ferita. La quale, come ha fatto notare Aldo Carotenuto ai suoi apprendisti stregoni, all'occorrenza è una feritoia preziosa. La dichiarata incolumità del supervisore è un lapsus, o un'aurea finzione, o una menzogna dettata da ragioni deontologiche.

Fabrizio Rizzi, trentino doc, nove lustri suonati, specializzato in psicologia immaginativa, psicoterapeuta, ha costruito con mano volutamente leggera, in un sapiente e filtrato gioco di specchi, la vicenda di Màlinka e del suo dottore. Il titolo del libro, «Diario di bordo», allude a una difficile rotta terapeutica, percorsa doppiando le isole epiche dei sogni e affrontando le tempeste dell'inconscio.

Questa croata pallida, cliente/paziente del dottor Salvacuori, è una sorta di crocierista in ferie che s'invaghisce di un secondo ufficiale dalla cresta di gallo? Una quasi ex bambina perdutamente innamorata del padre, o solo una gallina senza cervello? Màlinka parla e racconta. Oltre che con Salvacuori, si confida con un'amica cliente, anche lei terapeuta, con la scusa di farle una cura canalare. Delle persone come Màlinka, che parlano per raccontare, si dice che parlano come tiradenti. Ci sono tanti luoghi comuni sui dentisti e gli psicanalisti. Per esempio, si dice che siano tutti dei tiradenti e degli strizzacervelli a pagamento. Niente di più falso, nel nostro caso. I due si attraggono.

Come spesso succede, Màlinka decide di interrompere le sedute. Ha paura di molte cose che porta dentro. Ma lo strizzacervelli, al contrario del tiradenti, non cura a tempo determinato. Al cliente dà tutto il tempo che vuole, per potergli aprire l'anima. Così Màlinka trasforma il lontano in vicino, il passato in presente e si rivede a Trieste, dove lei e la mamma accompagnavano il papà che partiva, finché una nave del porto si mangiava il papà. La mamma portava la figlia a vedere le partenze del papà, gli arrivi mai. Quando lui tornava a casa, per Màlinka non c'era mai tempo: la mamma si mangiava il papà come la balena di Pinocchio. È una pagina del «Diario di bordo», chiosato dal supervisore innominato.




Questa storia ha un asse narrativo intelligente, con colpi di scena che passiamo sotto silenzio, e un pregio nascosto, che riveliamo. Nata quasi per distrazione, sull'onda di un'idea rimandata a lungo, solo per caso è uscita da un cassetto dello psicoterapeuta trentino ed è finita sul tavolo di un grande editore torinese, Bollati Boringhieri. Un po' come i messaggi in bottiglia affidati al mare dai finti naufraghi della domenica, in crociera perenne, o come certi bigliettini infilati sotto il cellophane dei fichi secchi made in Turkey, dalle giovani operaie per un ignoto principe azzurro. Con la forza dei messaggi d'altri tempi: una forza negata ai messaggi elettronici di oggi, che non si perdono mai, visto che arrivano quasi sempre, e se non arrivano tornano indietro.

«Diario di bordo» di Fabrizio Rizzi è un messaggio di incerto destino: analogico, forte, con tanta distanza e nessuna relazione tra l'emittente e il ricevente. L'autore è uno che quando si sveglia trova le ragioni del giorno prima a terra con i vestiti. La sua autonomia, riprendiamo due versi dal diario del dottor Salvacuori, è quella di una graffito sulla parete di un'antica caverna, di un messaggio nella bottiglia in questo oceano di misteri.






















Fabrizio Rizzi, «Diario di bordo. Storia di Màlinka e del suo dottore».
Bollati Boringhieri, 2000. 144 pagine,lire 30.000
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