UN ALTRO LUOGO della Galizia consacrato a San Benedetto il Moro è il centro rurale di Parada de Outeiro, nel territorio di Ginzo de Limia sulla via che dal Portogallo conduce a Santiago di Compostela passando per Ourense. La statua appartiene alla chiesa di Santa Maria, annessa a un antico cimitero. Il sabato, la domenica e il lunedì di Pasqua molta gente si reca a Parada per visitare il santo nero di Santa Maria, quasi prigioniero nella nicchia dorata di un altare. La forza e l’antichità della devozione sono testimoniate dal libretto con i dati biografici e la novena a San Benito de Palermo, pubblicato a Ourense nel 1959 dal parroco Ignacio Gil con molti commenti coloriti: “…Basta venire a Parada a fine settembre o subito dopo Pasqua. Un formicaio di gente invade i paesi intorno nel raggio di vari chilometri… Quasi mi azzarderei a dire che dopo l’Italia è la Spagna la nazione che più lo venera… Lo fecero conoscere come patrono degli schiavi africani. E se uno va a Murcia, scopre che a Caravaca San Benito è titolare di uno degli altari della chiesa principale… Qui invece i contadini lo chiamano ‘El Santiño de Parada’…” Il giorno della sua prima visita a Parada il nuovo parroco rimase contrariato perché la chiesa non era magnifica come gliel’avevano descritta. “…La mia indignazione giunse al colmo quando mi mostrarono un retablo di cera a sinistra dell’altare maggiore con gli ex-voto dei graziati da San Benito. Quella mostra di braccia, mani, gambe… dimostrava poco spirito liturgico e ancor minore rispetto per il Sacramento, poiché mi dissero che davanti a quella esposizione di ex-voto i pellegrini si fermavano, forse più che davanti al Santissimo o davanti allo stesso ‘santo in gabbia’ , come lo chiamavano alcuni alludendo ironicamente alla povera nicchia in cui lo si venerava...” Don Ignacio Gil promosse il rifacimento della chiesa parrocchiale di Parada, inaugurata e benedetta nel settembre del 1952 dall’arcivescovo di Santiago de Compostela, Fernando Quiroga Palacios.

   
Ma la romería, il pellegrinaggio più animato e spettacolare di Galizia tra quelli dedicati a San Benito, si celebra ogni anno il 3 maggio nella chiesa a croce greca di San Xulián de Carballo a sei chilometri da Friol, un piccolo centro della provincia e della diocesi di Lugo. Vi prendono parte migliaia di persone che recano offerte in denaro e in natura (uova, formaggi, parti del maiale, polli vivi, un tempo anche prosciutti). Mentre il parroco di Friol e altri sacerdoti celebrano una delle tre messe della giornata sull’altare maggiore, nel braccio di sinistra della chiesa alcuni laici ricevono i pellegrini che si mettono in coda ed entrano dal portico laterale per sfilare davanti a un allampanato San Benito, ai piedi dell’altare e pronto per essere condotto in processione con le altre statue. A coordinare l’accoglienza è il postino di Friol, José Ramón B.B., che con altri “officianti”, durante la funzione dei sacerdoti, compie una sorta di blando esorcismo offrendo da baciare e girando sul capo dei fedeli, dopo l’offerta in natura o in denaro, una delle due statuette del santo munite di manico e adibite a questo rito sommario. Una terza statuetta, custodita in una nicchia del pilastro di una fontana nei pressi della chiesa, è stata rubata qualche tempo fa. Sotto il portico, una lapide databile alla fine del Settecento menziona il nome del parroco fondatore della parrocchia, e ricorda che era “bachiller”. Alla fine dell’ultima messa il postino di Friol, come faceva suo padre, si arrampica sulla torretta per suonare le campane a distesa, mentre le statue compiono il giro completo della chiesa e del cimitero, con San Benito che sfila per ultimo. È una statua “de vestir” che consiste in due assi di legno incrociate e coperte da un saio di tela, con l’aggiunta della testa e delle mani, di cui una, la sinistra, stringe un cuore. Nell’immaginetta che riproduce la statua, la mano con il cuore è nascosta dalla manica del saio. Il dettaglio non sembra casuale: in altre statue di San Benito/Benedito abbiamo notato la sparizione o la sostituzione di un attributo: alla statua di Torres Vedras manca la mano destra; quella di Ponte de Lima è stata privata di recente dei nastri pendenti, simili a quelli della statua di Cobas e sostituiti da un crocifisso; manca una mano anche a una delle statuette di Carballo imposte sul capo dei fedeli; la statua “de vestir” di San Benito della Hermandad de Los Negritos di Siviglia è stata rimaneggiata quarant'anni fa con l'abolizione del saio di tela, l’innesto della testa e delle mani sul corpo di un Sant’Antonio e la contemporanea dismissione di un retablo associato alla statua con due tele dei santi Elesbão e Ifigênia.

     
Il quarto centro della Galizia con tracce evidenti di culto per San Benedetto il Moro è Ponte Areas. Nella chiesa di San Pedro attigua al cimitero di Angoares, dove un tempo sorgeva il convento dei francescani oggi riedificato su una collina che domina l’abitato, si conserva un San Benito molto venerato. Quando nel 1835 il governo di Mendizábal soppresse gli ordini religiosi, l’antico convento fu chiuso e la statua del santo trasferita a San Pedro de Angoares. Anche qui l’associazione con i defunti sottolinea il legame stabilito in Galizia tra San Benedetto e le Anime purganti. Questo legame è una forma di patronato che riprende la tradizione cronachistica: tra i prodigi palermitani di San Benedetto non mancano i casi di richiamo in vita di persone stroncate da un male incurabile o vittime di incidenti. La commedia di Rosambuco, dedicata da Lope de Vega al santo nero della città di Palermo, si chiude con il sacrificio di fra’ Benito, che in punto di morte cede le ultime forze al padrone Lesbio, perito nell’incendio della sua casa, e ne rianima il corpo. L’intercessione per le Anime purganti, tradizionalmente affidata a Sant’Antonio, è una forma traslata di riscatto dall’espiazione del fuoco e un auspicio di vita eterna. Il culto delle anime è tipico della Galizia: una delle più note chiese di Santiago de Compostela è intitolata alle Anime del Purgatorio.

         
La devozione gallega per San Benedetto il Moro che abbiamo descritto va ad arricchire il complesso panorama del culto per il santo di San Fratello. A introdurlo e a diffonderlo in Galizia, nella seconda metà del Seicento, non furono certo le autorità ecclesiastiche locali, che non avevano modo di conferirgli legittimità immediata in attesa dell’esito dei processi. L’unica eccezione è forse quella del vescovo di Oporto Fernando Correia de Lacerda, nativo di Coimbra, terziario francescano e storico di Santa Isabella, che intorno al 1680 introduce nella cattedrale di Oporto un’immagine di São Benedito, puntualmente rimossa nel 1715. In base agli indizi che abbiamo ora raccolto, riteniamo che le radici di questa tradizione dell’Europa atlantica possano risalire in massima parte a iniziative spontanee e circoscritte di reimportazione del
culto dal Nuovo Mondo. Quando nel 1807 fu emesso il decreto papale di canonizzazione, una delle più forti istanze sociali che avevano influito sui ritmi dei processi canonici era venuta meno a causa dell’abolizione della schiavitù. In terra di Spagna, nel 1835, un altro ostacolo alla devozione per il primo santo nero del cielo, le cui immagini sacre erano ancora senza altari, annidate nei conventi o affidate alle confraternite del Rosario, venne dalla desamortización di Mendizábal, con la chiusura delle comunità monastiche e l’alienazione o la dispersione dei beni degli ordini religiosi. Il culto popolare, per la sua peculiare natura policentrica e autonoma, sopravvisse alla crisi della devozione liturgica. Il fertile isolamento geografico e culturale della Galizia, terra di transizione di usi e costumi, cardine culturale e linguistico tra Spagna e Portogallo, ha contribuito a salvarla.

 

Bibliografia

Dopo la biografia di padre Ludovico Mariani (San Benedetto da Palermo, il moro etiope nato a San Fratello, Palermo 1989), celebrativa del quarto centenario della morte, e la traduzione della commedia di Lope de Vega ispirata alla vita di Benedetto da San Fratello (Commedia famosa del santo nero Rosambuco della città di Palermo. Introduzione e versione italiana di A. Dell'Aira, Palumbo, Palermo 1995), la collaborazione tra l'Amministrazione comunale di Palermo, il Dipartimento di storia moderna della facoltà cittadina di scienze politiche e la Biblioteca comunale di Palermo ha prodotto due congressi internazionali nel 1998 e nel 2000 (cfr. gli Atti: Il santo patrono e la città. San Benedetto il Moro: culti, devozioni, strategie di età moderna, a cura di G. Fiume, Marsilio, Venezia, 2000; Schiavi, corsari, rinnegati. La schiavitù nel Mediterraneo di età Moderna, Numero monografico di «Nuove Effemeridi», n. 54 2002/I a cura di G. Fiume) e due volumi della collana «Aere Perennius» editi dalla Biblioteca comunale: San Benedetto il Moro. Santità, agiografia e primi processi di canonizzazione, Palermo, 1998; e la trascrizione a cura di R.C. Giordano dei Manoscritti 3 Qq E 40 e 3 Qq E 42, con il Memoriale Rubbiano e l'Ordinaria inquisitio del 1594, relativi ai processi di San Benedetto il Moro. Cfr. anche A. Dell'Aira, Da San Fratello a Bahia: la rotta di San Benedetto il Moro, Magazzini di Arsenale, Trento 1999, con in appendice lo statuto di una confraternita settecentesca di Salvador da Bahia. Per la storia dei processi e un excursus sulla devozione cfr. G. Fiume, Il santo moro. I processi di canonizzazione di Benedetto da Palermo (1594-1807), Milano, Franco Angeli 2002.


 
 

Alessandro Dell'Aira, Il moro sul Camino de Santiago (2)