Giovedì 18 giugno 2009, p. 43
Cultura & Società
   

GHIRIGORI


Obama e l'abilità
di cogliere soluzioni al volo



Il presidente uccide in moscone in diretta,
ma Mosca non è da meno


di Alessandro Dell’Aira

 
BARACK OBAMA che acchiappa una mosca in diretta e l’accoppa in tempo reale è il trionfo del video problem solving. Di meglio fece solo Benvenuto Cellini febbricitante durante la fusione del Perseo, quando fece gettare nella fornace piatti, scodelle e tondi di stagno per evitare che il capolavoro gli si accartocciasse. Non è questione di battere il ferro quando è caldo. È questione di calcoli rapidi: se la va la va, altrimenti la spacca. Cellini fu un grande italiano, ma non l’unico compatriota a cogliere l’occasione al volo in un momento difficile, come Barack Obama. Di meglio no, ma come Obama fece, cognome premonitore, il nostro Giovanni Mosca quando aveva vent’anni e ne dimostrava sedici, in una scuola pubblica elementare del Duce. Lo raccontò nei suoi “Ricordi di scuola”. Nominato maestro provvisorio, si presentò al direttore che appena lo vide gli diede del voi, si mise le mani nei capelli e pensò: “Quelli della quinta C appena lo vedono se lo mangiano”. I supplentofagi erano in quaranta (speriamo che la Gelmini non legga) e il capoclasse si chiamava Guerreschi, rapato a zero, due denti di meno, occhietti feroci. Il maestro provvisorio trovò le quaranta belve accovacciate sui banchi. Nel silenzio che precede le battaglie, l’alunno Guerreschi gli lanciò a tradimento l’arancia che stava palleggiando, ma non lo colpì. Inferocito tirò fuori la fionda. Era il segnale: ne spuntarono altre trentanove. All’improvviso un ronzio. Il moscone. Dov’era? Guerreschi lo cercò con lo sguardo. “Guerreschi”, disse il maestro provvisorio, “becca quel moscone”. Uno a zero per il maestro provvisorio, ma fu una vigliaccata: a dirgli il nome del capo era stato il direttore. Tornò il silenzio. Tacquero anche le armi, come nei poemi di Omero. La pallina di carta masticata di Guerreschi si schiantò contro una lampadina. Due a zero per il maestro, che non era più tanto provvisorio. “A me la fionda!”, disse, mirò tirò e accoppò il moscone che gli cadde morto ai piedi. Tre a zero. “Voglio le altre trentanove fionde”. Gliele diedero. “Guerreschi, alla lavagna”. Quattro a zero.

Questa prodezza di Giovanni Mosca anticipa due eventi mediatici. Anzitutto, un film Usa del 1988, Teachers, che narra di una scuola in cui i prof non riuscivano a insegnare granché, tranne uno, il quale una volta istruì i suoi ragazzi su come si fa a riparare un termosifone. In secondo luogo, anticipa la prodezza del presidente Obama, che ieri durante un’intervista tv ha accoppato un moscone al volo e si è alquanto compiaciuto del risultato. Centrato. Chapeau. Per una Mosca che esce dalla storia, vi entra un moscone. Epperò, come dicono i revisionisti: epperò, se l’avesse mancato? Non ci pensiamo. La storia non si fa con i se.

Se la Gelmini ci legge, coglie l’occasione al volo e siamo spacciati.

 
 

In «Ricordi di scuola» il giornalista conquista la classe con la fionda
 

Prodezza che è meglio non far sapere al ministro Gelmini


 
     
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