José Luis de
Juan
El
Apicultor
de Bonaparte
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Il 12 marzo 1822 la
Gazzetta di Parma pubblica il necrologio di Andrea
Pasolini da Capoliveri, morto a quarantotto anni nel
manicomio del Granducato. Questa menzione gli era dovuta
per i suoi trascorsi di apicoltore, libellista
clandestino e agente di Napoleone all'Elba.
Se nell'autunno del 1814 il progetto di fuga e lo sbarco
in Toscana di Bonaparte non andarono a buon fine, precisa
l'autore del trafiletto, fu per una «felice
indiscrezione» dell'apicoltore, che aveva iniziato a
dare segni di lieve ma progressivo squilibrio.
Le disgrazie di Pasolini cominciano una domenica d'agosto
del 1814. Napoleone, che aveva in programma di fargli
visita nelle prime ore del mattino, ha un malore
improvviso. Nel pomeriggio, due messaggeri a cavallo si
presentano nel podere di Capoliveri. Ma è tardi: il mito
di Bonaparte è andato in pezzi con i nervi del «suo»
apicoltore. Un collasso annunciato: da un po' di tempo
Pasolini non teneva più a freno la lingua, e aveva preso
ad arringare le api come se fossero il presidio di una
cittadella assediata dagli inglesi.
Capostipite di una
storica schiera di visionari, Pasolini trascorrerà in
manicomio sette anni abbondanti, fermamente convinto di
essere Bonaparte. Scriverà libelli viscerali e
profetici, che le monache del sanatorio non mancheranno
di affidare ogni volta alle fiamme del focolare. Privato
anche dei suoi sciami, non gli resterà che ordire
battaglie campali con la mollica e le croste di pane
secco.
José Luis de Juan (Palma de Maiorca, 1956), critico
letterario di «El País», ha debuttato come narratore
con questa tragicommedia a cavallo tra il delirio e la
storia, giudicata «quasi un capolavoro» da Le
Nouvel Observateur. Il suo tratto narrativo è
sapiente. Lo stile, ironico e leggero, crea un'atmosfera
incantata e vaporosa, satura di insetti e di personaggi
operosi che sembrano sciamare dal Dizionario ragionato di
Diderot e d'Alembert.
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